Che cosa è la valutazione di stabilità degli alberi ornamentali
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La valutazione di stabilità degli alberi o valutazione fitostatica si basa sulla tecnica del Visual Tree Assessment, valutazione visiva dell'albero su basi biomeccaniche, in acronimo VTA (Mattheck & Breloer,1994), è una metodologia di indagine riconosciuta in tutto il mondo, che viene eseguita per la valutazione delle condizioni strutturali dell’albero.
Il VTA, nato presso il Centro di Ricerche Nucleari di Karlsruhe, principalmente da Claus Mattheck, basa il sistema di controllo visuale tradizionale su fondati principi biomeccanici e definisce i criteri di valutazione del pericolo di crollo o rottura.
Esso si sviluppa sull’identificazione degli eventuali sintomi esterni, che l’albero evidenzia alla presenza di anomalie a carico del legno interno; è anche possibile, laddove non esistano cavità o evidenze macroscopiche del decadimento in corso, attraverso il riconoscimento di tali sintomi, cogliere il segnale della presenza di difetti meccanici e fisici all’interno dell’albero.
Le piante sono esaminate valutando i parametri biometrici, le condizioni generali, la struttura del substrato, delle radici, del fusto e della chioma. Il principio dello studio è quello dell’assioma della tensione costante, applicabile a tutte le strutture biologiche, che sancisce la tendenza di una pianta a distribuire uniformemente nella sua crescita le tensioni interne, in risposta agli stimoli esterni, strutturandosi in modo che non vi siano zone ad elevato carico (potenziali punti di rottura) e zone a carico ridotto (spreco di materiale); per rispettare questa regola e contrastare le irregolarità, gli alberi sviluppano elementi (come rigonfiamenti o particolari conformazioni) che dall’esterno permettono di valutare la presenza di elementi critici.
La valutazione tiene conto della presenza, o della mancanza, di tale reazione, da parte della pianta, delle motivazioni e conseguenze, della presenza di parametri fuori standard o difformi da un normale ciclo vegetativo (dimensioni chioma e foglie, filloptosi anomala, essudati, carie, cavità, rami codominanti, inclusioni, disseccamenti, presenza di copri fruttiferi di funghi cariogeni, etc.) , il ”Live Crown Ratio” ovvero il rapporto tra l’altezza della chioma e l’ altezza dell’ albero (LCR) ,lo “Slenderness” ovvero il rapporto tra l’ altezza pianta e il suo diametro (H/D); la distribuzione delle ramificazioni, la presenza di branche codominanti. Ma anche le tipicità specie specifiche come, ad esempio, il “Sudden Branch Drop” (SBD) che consiste nella tendenza di alcune di esse al distacco improvviso delle le ramificazioni senza apparente causa, o la teoria “CO.D.I.T “ (Barrier Zone - Compartmentalization of Decay In Trees, con 4 tipologie di barriera) ossia la capacità dell’albero di compartimentare (isolare) gli attacchi da parte di funghi cariogeni in modo maggiore o minore. Se il difetto rilevato è di dimensioni considerevoli e deve essere dimensionato con un parametro univoco si può provvedere alla valutazione quantitativa dello spessore residuo della sezione trasversale del tronco in cui è presente la carie. Se lo spessore della parete è troppo sottile la pianta rischia di cedere. La quantificazione avviene grazie alla definizione del valore t/r (dove t è lo spessore di parete residua sana e r è il raggio del tronco nel punto della misurazione). Convenzionalmente, a seguito di un’approfondita analisi statistica effettuata dal Mattheck, si assume come valore minimo plausibile un coefficiente maggiore o uguale a 0.3; se dimensionando il difetto si riscontra un valore di t/r inferiore a 0,3 si ha statisticamente un’alta probabilità di cedimento dell’albero. Tale coefficiente numerico è, in ogni caso, un’indicazione utile che, osservata assieme agli altri dati raccolti può dare utili informazioni sulla classificazione dell’esemplare, sebbene grazie a studi ulteriori (S.I.A. static integrated method) che evidenziano come questo limite possa essere anche ricondotto a valori minori e tenendo conto di altri fattori (forma chioma, influenza vento, spessore legno residuo et altri). In ogni caso le ricerche (es. il metodo ARCHI sul modello accrescitivo delle piante) continuano a produrre elementi utili a migliorare le analisi fitostatiche ed un continuo aggiornamento è alla base di una miglior diagnosi. Non ultimo si valutano l’ambiente (urbano, parco, presenza edifici o altre piante p.e.), l’azione dei venti, la forma e il volume della chioma, interferenze con le strutture, la manutenzione eseguita, scavi, rincalzi del colletto ed altri elementi utili alla stima finale.
A supporto dell’analisi visiva, dove se ne ritenga necessario, si possono usare strumenti (meccanici o elettronici) dedicati, atti a quantificare il grado di degradazione del legno all’interno della pianta o a stimarne la resistenza al ribaltamento.
Al termine del processo di analisi visiva, strumentale (se necessario) e quant’altro utile a comprendere la possibile evoluzione nel tempo dei difetti rilevati, secondo quanto sancito dal protocollo V.T.A., che è da considerarsi il più usato e riconosciuto a livello mondiale, nell’accertamento della stabilità delle piante, l’ esemplare analizzato è collocato in una classe di propensione al cedimento (C.P.C), come indicato anche dal protocollo S.I.A., utilizzando una scala di valutazione progressiva e codificata della propensione al cedimento: dalla classe A per i soggetti a pericolosità nulla o molto ridotta, alla classe D, dove sono inseriti gli alberi a più elevata possibilità di schianto (totale o parziale) dei quali se ne consiglia l'abbattimento immediato ed urgente.
La CPC in alcuni casi può essere influenzata dalla classe di rischio in riferimento all’obbiettivo che potrebbe essere colpito (vd. Paragrafo successivo) e, molto spesso, i due valori vengono sintetizzati in un’unica considerazione finale utilizzando la CPC come scala di valutazione.
La collocazione di una pianta nella sua CPC è quindi stabilita da un insieme di fattori rilevati e valutati. (per approfondimento: www.isaitalia.org)
Di seguito si riporta la descrizione delle classi propensione al cedimento degli alberi:
Conseguentemente e congiuntamente alla valutazione fitostatica si valuta il rischio affrontato da persone e cose in presenza dell’albero. Il rischio è dato dalla probabilità che un cedimento (totale o parziale) interessi un bersaglio (target) con ripercussioni da trascurabili a gravi, quantificate a seconda dell'area dove si trova la pianta e dall'obbiettivo oggetto del possibile cedimento. La classificazione del rischio è determinata dai dati raccolti durante la valutazione fitostatica nella sua globalità, dalle dimensioni della pianta, dai difetti riscontrati e dalla CPC stimata, unitamente alla valutazione della possibilità e della probabilità che si verifichi uno schianto (totale o parziale dell’albero), raffrontato alla probabilità di danneggiare più o meno gravemente cose o persone. La "quantificazione" del danno possibile pone la pianta in una classe di rischio. Piante con la stessa problematica possono avere classe di rischio differenti a seconda della zona in cui si trovano e dal target potenziale. La manutenzione prescritta può ridurre il rischio, ma difficilmente azzerarlo, in ogni caso, in seguito alla valutazione, si cerca di gestirlo al meglio, quando possibile.
La valutazione del rischio tiene conto: delle condizioni della pianta, visibili e rilevabili, e dei bersagli conosciuti al momento dell’analisi.
Il rischio, per definizione, è determinato come il prodotto della probabilità di accadimento di un incidente (P – assimilabile al concetto di pericolo) e della gravità delle sue conseguenze (M - magnitudo).
la risultante dei calcoli sopra descritti porta a definire un valore di rischio come segue: